Gilòckdown

Il Gilò Pianobar è il sogno un po’ visionario nato ad ottobre 2016 di Gianfranco Lotti, artigiano pellettiere fiorentino con una lunga carriera internazionale di successo con l’omonimo brand di luxury bags, con la complicità di Mario D’Onghia, leggendario ex bar manager dell’Hotel Excelsior di Firenze.

Un sogno nel cassetto di entrambi, una promessa fatta durante la loro amicizia di lungo corso: appena le rispettive vite glielo avrebbero permesso, si sarebbero imbarcati nell’impresa di aprire un pianobar nel centro storico fiorentino ispirato a quelli che hanno fatto la storia della nightlife cittadina negli anni ’70 e ’80. Un obiettivo: trasmettere alle nuove generazioni le atmosfere conviviali, goliardiche, genuine di infinite nottate passate a ballare e cantare di fronte ad un pianoforte con un drink in mano. Lo slogan ideato per il lancio del locale è: “Gilò, il posto che non c’era”.

Non si tratta, però, solo di una romantica operazione nostalgia. In quasi quattro anni di attività, in Via dei Fossi 44 rosso, Gilò Pianobar ha saputo intercettare e cambiare traiettorie, incontrare i gusti dei propri clienti, affinare una cucina premiata da centinaia di ottime recensioni, proporre serate di musica live quasi ogni sera della settimana. Tutto ciò grazie all’incessante lavoro dello staff di Gilò coordinato da Mario D’Onghia e alla visione manageriale di Federica Lotti, figlia di Gianfranco, che ha favorito la crescita di questa impresa vestendola di contemporaneità.

Arriviamo perciò a marzo 2020. L’Italia è minacciata da un virus, un nemico invisibile che, inizialmente, viene affrontato come uno spauracchio. Dalla TV, dai media in generale, le notizie preoccupanti non sembrano riguardarci, la Cina di Wuhan sembra lontana, quasi su un altro pianeta. Non è ancora immaginabile quello che poi si sarebbe verificato nel giro di pochi giorni, poche settimane.

Il Gilò è reduce da una bella serata per l’8 marzo, la Festa della Donna, l’ultimo sprazzo di normalità prima dei tre mesi che hanno cambiato la vita dell’umanità.

Coincide beffardamente con lo storico dpcm 8 marzo comunicato in diretta nazionale dal Premier Conte che, tra i numerosi provvedimenti, ordina anche la chiusura anticipata alle 18 di bar e locali per evitare assembramenti. Inizialmente l’orizzonte per una riapertura è il 19 marzo, nessuno pensa ancora a due mesi e mezzo di serrata totale e di isolamento sociale.

Le zone rosse sono ancora solo in Lombardia, lavarsi spesso le mani sta diventando un mantra universale, mentre spuntano le prime mascherine sui volti dei più previdenti, visti dalla maggioranza quasi con diffidenza. Si capisce però che il clima sta cambiando, nel giro di qualche giorno la situazione precipita mentre iniziano a fare parte delle nostre vite termini come “contagi”, “terapia intensiva”, “tamponi”, “Covid 19”, “Coronavirus” accompagnati, purtroppo, dalle prime centinaia di decessi.

La decisione è obbligata: il Gilò spegne le luci colorate dei suoi soffitti a volte, i fornelli della propria cucina, la musica, i calici dei drink restano vuoti, il silenzio si sostituisce alle voci cantanti dei clienti. Lo staff va a casa e inizia il calvario burocratico ed economico della Cassa Integrazione straordinaria promessa dallo Stato. Il dramma umano è abbinato ad un futuro che nelle settimane a venire si fa sempre più incerto. Firenze si svuota, i Musei chiudono, i turisti non si rivedranno per un bel po’ ed è arrivato il momento che la politica, gli imprenditori e i cittadini ripensino il futuro della città a prescindere da questo. Il settore della ristorazione, simbolo di socialità per definizione, è uno di quelli che sta subendo più danni e che soffre delle condizioni molto penalizzanti delle necessarie restrizioni con cui ha dovuto fare i conti per la riapertura.

Dopo oltre tre mesi, a giugno, il Gilò riapre i battenti con tanto sacrificio e una nuova, necessaria pelle. Da metà maggio si parla di convivenza con il virus per non soffocare definitivamente il tessuto delle piccole e medie imprese che fa parte del DNA italiano. Saranno mesi duri, ancora incerti, ma il Gilò è ancora in piedi. Apre anche a pranzo, l’orario serale è ridotto ed ha organizzato il servizio take away. Mario and company riprenderanno a servire i propri clienti in totale sicurezza, in ottemperanza con tutte le misure igienico – sanitarie e di distanziamento previste dai protocolli dettati dal Governo. Cibo e musica verranno somministrate con la mascherina, ma lo staff è pronto a far ripartire il sogno di Gianfranco Lotti e Mario D’Onghia.

Gilò, il posto che non c’era e, che ora, c’è di nuovo, come in Casablanca: «Suonala ancora, Sam».

 

Andreas Lotti